Nel lavoro di Marina Fulgeri è possibile ritrovare alcuni tratti delle caratteristiche più
significative che movimentano e abitano l'attenzione delle ricerche di diversi
esponenti dell'ultimissima generazione.
Dove ,a volte, si insinua un senso di sospensione e di lateralità nell'estendere agli interventi di mise-en-espace una componente microemotiva. E, al tempo stesso, una condizione colta di riflesso e in grado di comunicare la direzione di uno sguardo fuori campo. Come se le immagini e le visioni di una parte circoscritta e delimitata della realtà si possano rivelare attraverso la rappresentazione e l'evocazione di una dimensione differente ma compartecipata.
Per Marina Fulgeri le immagini fotografiche,le video-proiezioni, le installazioni site-specific con oggetti, rimandano e contribuiscono a evidenziare non tanto l'alternanza gestaltica di un rovesciamento di rapporti tra figura/sfondo o realtà/illusione; quanto a ridefinire
il nesso di una verifica immediata e diretta. A cui si associa l'evento dell'esperienza, magari nel porsi nella condizione di una visione modificata dalle circostanze di una tradizione-imposizione culturale attraverso le quali si modifica in senso oggettivo e soggettivo l'atto stesso del vedere o ancora ,quando il semplice quanto inquietante brandeggio di un fascio luminoso concentrato, delimita e fissa nei dettagli mobili un claustrofobico perimetro ambientale sospeso nel tempo (I need a change of air,2001). Mentre in altrilavori più propriamente oggettuali (Day-S,2000; H179,2002) l'interno e l'esterno, la superficie e il volume, riescono a tradursi in "stati" e in ipotesi di sospensione.
L'impossibilità di una verifica o l'accesso negato si misurano e si relazionano sia con l'ambiente che con lo spettatore: attraverso una serie di rimandi percettivi e cognitivi in continuo confronto. Quasi a sollecitare un invito ad attivare in chiave emotiva
una partecipazione e un riconoscimento tutt'altro che freddo e distaccato
(That looks like itself and nothing else,2002).