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MARINA FULGERI
Tavolo da gioco, 2009



Il cambiamento repentino delle regole impone nuovi schemi di gioco.
Gli schemi mentali precostituiti offuscano la nostra capacità di comprensione della realtà.
Ri-organizzare questi schemi significa adattarli alle nuove situazioni, ma anche e soprattutto mantenere una propria lucidità di giudizio.
Ironicamente definito "tavolo da gioco", questa scacchiera dallo schema impossibile ci porta a riflettere sull'annullamento delle differenze e sull’omologazione del pensiero.
La peculiarità del materiale utilizzato, ovvero lo specchio, è quella di riflettere esattamente ciò che gli si pone di fronte, in maniera indistinta, senza selezione, senza vizi o pregiudizi.
[Marina Fulgeri, 2009]

Γνότι ση αυθόν era la scritta posta all’entrata del tempio di Apollo a Delfi, divenuta in seguito perno cruciale della filosofia socratica. La ricerca e conoscenza di sé stessi, la formazione della propria identità ed individualità, il disorientamento della condizione umana sono le tematiche privilegiate dalla ricerca di Marina Fulgeri. L’artista bolognese propone una scultura che riflette sul concetto di differenza (culturale, sociale, di genere, ecc.) e di annullamento dei ruoli sociali. Nell’opera Tavolo da gioco (2009) il bianco e nero della scacchiera sono sostituiti da uno specchio che se da un lato annulla appunto la differenza, la disuguaglianza, il contrasto, inglobando anche l’osservatore nella stessa opera d’arte ed eliminando, come nella produzione di Michelangelo Pistoletto, la distinzione di ruoli in questo caso l’artista e l’osservatore, dall’altro lato riflette spazio, oggetti o soggetti per quello che sono “realmente”, cioè senza aver effettuato alcuna valutazione o “distorsione”. L’opera gioca sull’evanescenza dei confini, quindi della propria identità a vantaggio di una soggettività universale, più simbolica che reale, il cui paradosso, come emerso dagli studi di Niklas Luhmann, sta proprio nell’impossibilità di eliminare i confini in quanto indispensabili a definire quindi distinguere un soggetto da un altro, un ruolo da un altro: senza confini non potrebbe esistere l’individuo in quanto tale ma solo una massa amorfa ed indistinta di materia informe ed inconoscibile.
Raffaele Quattrone